Il Pagellone del Lunedì.

mosca

 

Il Pagellone del Lunedì – 6° Giornata (28/29 Settembre)

Berlusconi, voto 2: Decide di ritirare la squadra di governo mentre in campo c’è il Napoli, rovinando la giornata ai tifosi partenopei che non sapevano se guardare il Tg o la partita. Lo avrà fatto apposta dopo la squalifica della curva milanista in seguito agli insulti razzisti contro i napoletani? Lo deciderà la giustizia sportiva. PROVOCATORE.

Brunetta, voto 3: come sempre, di stima.

Aurelio De Laurentis, voto 4: Vuole spostare lo stadio del Napoli a Caserta. Dice che tanto non cambierà nulla. Dissero la stessa cosa quando lasciammo Botteghe Oscure, e sappiamo tutti come e’finita. Proposta bocciata.

Alfano, voto 4: si dichiara berlusconiano e leale ma se prevarranno gli estremismi sarà diversamente berlusconiano. Monti gli ha proposto una cattedra di logica alla Bocconi. Per noi é un po’ come quei pesci che cambiano sesso a seconda della temperatura dell’acqua.

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Golpe en Bernabéu


E’ il 54’ del primo tempo quando Morgan Amalfitano, francese della Costa Azzurra, va a vivere il suo pomeriggio da eroe. Apre in due la difesa dello United e si presenta in solitaria davanti a David De Gea per l’1 a 0 del WBA contro lo United. “Poco male” avrà pensato il giovane portiere spagnolo, perché difendere la porta del Manchester è ben più semplice del ruolo di vittima sacrificale che la vita calcistica precedente ti ha destinato.

Grazie al Puliciclone per la dritta 

David De Gea Quintana, nato a Madrid, sa bene qual è il ruolo di chi nasce, cresce e vive da protagonista il derby in Spagna, specie se nasci, vivi e cresci vestendo il biancorosso dei materassai della capitale e non il candido bianco del Real. In prima squadra, di derby, ne ha giocati tanti, tutti persi e pareggiati, vinti mai. Continua a leggere

Tifiamo solo la maglia

di Francesco Parisi.

palermoUna delle tante discussioni sul pallone, nel bar, dal barbiere, alla fermata dell’autobus, a scuola, in ufficio, nel treno, a casa a pranzo la domenica con i suoceri e con i generi, e durante la partita sia allo stadio che sul divano, si scatena quando il nostro idolo scaraventa la palla in rete e perdendo ogni controllo si toglie la maglia per un abbraccio carnale e vero con i compagni e i tifosi, facendosi cosi ammonire. Il regolamento del calcio prevede l’ammonizione al calciatore che per esultare si sfila la maglia perchè considerato “comportamento antisportivo” e “perdita di tempo”. Continua a leggere

A fari spenti nella nebbia: storia di un centravanti che “non sapeva l’italiano”.

tuta

 

di Odoacre Chierico

Il 24 gennaio 1999, al Penzo di Venezia, Venezia e Bari si sfidano per la diciottesima giornata di serie A, in un incontro atteso dagli appassionati di calcio italiani con la stessa trepidazione con cui si segue la lettura della mozione di rinvio di un’assemblea condominiale. Il Bari di Fascetti, che si presenta in panchina, probabilmente per scaramanzia, con lo stesso giacchetto di renna sfoggiato negli anni ’80 sulla panchina della Lazio, veleggia sicuro verso una salvezza tranquilla, mentre il Venezia di Novellino, complici un avvio stentato e quelle tremende maglie arancioneroverdi che già a guardarle sanno di sconfitta, quantomeno del buongusto, arranca nei bassifondi della classifica. Il pronostico della vigilia dice pareggio: un punto è buono sia per il Bari che gioca in trasferta, sia per il Venezia reduce dai sei gol incassati a Milano dall’Inter. Continua a leggere

Dicono di noi

“Post analitici, ironici, per esplorare – come si legge nel Manifesto fondativo – il calcio come “sinonimo di democrazia: perché è un sentimento popolare, è esercizio di fratellanza, è una cosa a cui tutti hanno diritto, di cui tutti possono parlare anche non capendone nulla”. E per marcare a uomo i personalismi che annullano la partecipazione: siano essi derivati dal grande idolo delle tifoserie o dai leader più o meno carismatici che attraversano lo spazio pubblico.”

Scrive oggi Carmine Saviano nel suo blog su Repubblica.it.

Le reazioni della redazione di volevoilrigore:

“Abbiamo un blog citato da Repubblica” [P.F., Torino]

“Laziali a chi?” [S.L., romanista espatriato]

Quasi Gol

di Gugliemo Tell

La mia grossa  preoccupazione è prendere un gol in meno dell’avversario [V. Boskov]

Non possiamo non dirci che la Merkel non ha vinto. Non abbiamo paura di andare contro corrente, di respingere le affrettate acclamazioni che giungono da destra, da sinistra e da centrocampo.

Angela_Merkel_handsÈ che non non crediamo nel quasi gol.

Il quasi gol, categoria di pensiero utile solo a impepare un pochino le noiose telecronache con cui i commentatori post-veltroniani trascinano fino ad un sonnolento 90° partite altrimenti godibili, non ha spazio nella nostra visione Boskoviana del calcio e della politica. La partita va vinta, e la vittoria è un fatto concreto, sancita dai fischi dell’arbitro, dalle relazioni ufficiali, dalla classifica del giorno dopo.
Parlino pure i Panebianco coi loro pagelloni del lunedì; spargano fiumi di inchiostro i giornali nostrani per distinguere il trionfo di una Merkel che senza maggioranza assoluta dovrà allearsi cogli avversari dal disastro di un Bersani che senza maggioranza si è dovuto alleare cogli avversari.
Ma noi restiamo dell’idea che la performance plastica e il bel gioco siano sempre secondi alla concretezza dei 3 punti.

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Il Pagellone infrasettimanale.

Il Pagellone infrasettimanale – 5° Giornata (25/26/27 Settembre)

mosca

Difesa del Milan, s.v: si chiama così solo perché è difficile trovare un altro nome al reparto. Se è vero il detto “l’attacco è la miglior difesa”, Allegri potrebbe provare a sostituire Mexes e Zapata con due punte a caso. Farebbero sicuramente meglio. Indifendibili.

Brunetta, voto 3: come sempre, di stima.

Gattuso, voto 3: non ce ne voglia l’ormai ex-allenatore del Palermo, ma aspettavamo il suo esonero per vedere Zamparini terrorizzato correre per i vicoli della Vucciria inseguito dal Ringhio nazionale che bestemmia in calabrese arcaico. Non è accaduto nulla di tutto questo. Delusione.

Allegri, voto 4: non si capisce perchè abbia schierato in difesa la redazione di #volevoilrigore, però fa rivivere al Milan la notte di Instanbul a parti invertite, peccato che non fosse una finale di Champions e l’avversario non fosse il Liverpool. Decaduto.

Benitez, voto 5: Da Bettola, dove lo abbiamo raggiunto telefonicamente, dichiara:”E’ una non vittoria importante, col Sassuolo, in casa. Siamo la lepre. L’ho detto a Zuniga di smetterla di giocare col giaguaro”. Preoccupante.

Fernandez, voto 5: Spaesato, insicuro, fuori forma. Ogni volta che scende in campo i tifosi del Napoli provano lo stesso terrore e la stessa certezza che provano gli elettori del PD quando va la Moretti in TV: prenderanno gol, perderanno voti, partiranno imprecazioni. Tante. Certezza. Continua a leggere

Carlos, Josè e D10S

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di Steno

Juan Villegas ha lavorato per tutta la sua vita in una stazione di servizio lungo una deserta strada della Patagonia, un paesaggio tipico dei racconti di Osvaldo Soriano, polvere e orizzonte sul sud del mondo. Ha perso il lavoro e le sue giornate consistono nel cercare di vendere coltelli artigianali fuori dalle fabbriche, nelle officine, per le strade della parte più povera del suo Paese.

Juan Villegas è il protagonista del film “Bombòn el perro”, una storia fatta di povertà, semplicità (gli attori non sono professionisti), altruismo. Bombòn è un dogo argentino, capitato quasi per caso nella vita di Juan, sarà il suo compagno di strada, i due osserveranno il mondo che li circonda, silenziosi, quasi estranei alla crudeltà della crisi economica che ha investito l’Argentina, i due si somigliano tra loro.

Quando ho visto “Bombòn el perro” per gran parte del film ho pensato alla crisi che stava colpendo l’Italia, storie come quella di Juan Villegas erano allora e sono oggi all’ordine del giorno. Ho pensato al modo in cui se ne potesse uscire da noi come in Argentina, ho pensato all’immigrazione italiana che è andata dall’altra parte del mondo per sfuggire alla fame. Continua a leggere

Balliamo di calcio

Fußball-WM '90: Roger Milla beim WM-Lambada

di Tredici Tacchetti

Frank Zappa diceva che parlare di musica è come ballare di architettura. Ora, io di calcio, come di musica, ne ho parlato e ne parlo tanto. Ma pur avendo letto e riletto (e visto e rivisto) “Febbre a 90°”, non mi sono mai identificato del tutto con la passione di Nick Hornby, così intellettualmente mediata e in fondo tesa verso la perfezione etica ed estetica. Ho parlato tanto di arbitri, di mercato, di tattica, di tabelle e classifiche. A volte con la voce ancora roca per le urla di gioia o di rabbia della domenica, e fino a qualche anno fa anche con le ginocchia sbucciate o le cosce graffiate dalla ghiaia dei campi laziali (inteso come luogo, non come insulto). Ma ho sempre avuto una certa diffidenza per la retorica delle grandi storie e dei grandi valori universali del calcio. Come una fede senza teologia e senza proselitismo.

Certo, sono consapevole che anche per quanto riguarda il calcio c’è un rapporto innegabile tra fede e ragione. Ci sono le caratteristiche tecniche del gioco, con delle regole semplici ma che lasciano spazio ad un’enorme quantità di varianti, e che obbligano i giocatori in campo a complesse scelte tra un altissimo numero di possibili comportamenti, con o senza palla. Continua a leggere

La regola del fuorigioco

Watford v Queens Park Rangers - npower Championship
di Anna Trieste
Se sei femmina e stai di casa a Napoli, la cosa peggiore che ti può capitare – dopo quella di tenere un sindaco interista e quella di restare solo tu alle undici di sera a piazza Garibaldi – è essere appassionata di calcio e di politica.
Secondo i maschi, infatti, il calcio e la politica sono cose da maschi e per un maschio non è facile capire come possa una femmina appassionarsene pur non essendo nel primo caso una velina o, nel secondo caso, una… no niente, una velina pure nel secondo caso.
Comunque, al di là di quello che dicono i maschi, il calcio e la politica sono cose da femmine e se essi fingono che non sia così è solo perché temono che ammettendo il contrario potrebbero venire a galla le loro incapacità di portare a termine, in ben altri campi di gioco, performances che siano non dico buone ma quanto meno non ascrivibili alla categoria delle “grandissime figur ‘e mmerd”. Continua a leggere